
Una gipsy in un caffè.
Metti una sera a cena.
Metti una sera a cena con Nespresso e i miei amici più cari.
Metti una sera a cena a casa mia – a dire il vero casa di mia mamma perchè la mia è troppo piccola – e uno chef, nientepopodimeno che il giovane chef stellato Lorenzo Cogo – da El Coq con furore.
Aggiungici: vino biologico da intenditori, sorrisi da metà luglio. Introspezioni legate al caffè. Cibo delizioso. Abiti meravigliosi. Chiacchiere in libertà. Rock and roll. Sac à Poche e servizi di posate in argento. Pentole e tegami. Caffè, tanto caffè.
Rinfoltisci il tutto con fiori di campo. Con la gioia di avere accanto le persone che più amo.
E così.
Abbiamo mangiato chips di baccalà e agrodolce di peperone, un couscous veggie che ha fatto resuscitare le nostre anime provate dal caldo, e platano, tanto platano con porcini e parmigiano grattugiato.
Una merveille.
Annaffiamo il tutto con un Prosecco Col Fondo di Casa Belfi / Cantine Armani e una degustazione di Gran Cru Decaf intenso. Roba da perderci il sonno.
Gipsy qual’è il tuo ricordo del caffè?
Il caffè è il profumo del mattino di quando ero piccola, quando mia mamma lo preparava per mio papà. Il caffè è mio papà, che pur di vedermi mi intercetta al bar e mi offre un cannoncino e un americano.
Il caffè è quel caffè che mio zio Rino usava per fare il tiramisù.
Caffè è la mia nonna nella sua cucina, quando dopo pranzo faceva andare la moka e tutto intorno si veniva avvolti da questo tepore magico, e io che cominciavo a fare spettacolini per lei, mentre lei rideva così elegante nel suo rossetto rosso e nella sua Malboro, ma tu sentivi solo Mitzuko mesciato con l’aroma intenso del suo espresso.
Poi ci sono io: che ho imparato a bere caffè recentemente, nello stesso momento in cui ho imparato a bere birra.
Una mattina d’estate di circa tre anni fa: il mio cuore era appena stato spezzato e avevo appena imbottito la mia mini con gli scatoloni contenenti gli ultimi cinque anni di sogni e illusioni.
Lì decisi che il tè, di cui sono un’avida consumatrice, non sarebbe stato più sufficiente. Le notti in bianco erano troppe e avevo bisogno di riacquistare la lucidità che mi mancava.
E da allora non trovo nulla di più coccolo che avvolgere le mani intorno alla tazza calda e bere il mio Nespresso allungato con acqua calda, per trasformarlo in un americano vanigliato.
Dopo abbiamo mangiato i più buoni spaghetti della mia vita: per questo sempre sia lodato Lorenzo.
Spaghetti con calamaretti spillo e caviale di aringa: roba che ancora me lo sogno e ci scommettiamo che se e quando aspetterò una nana obbligherò il mal capitato a uscire nella notte per soddisfare le voglie dello spaghetto con caviale di aringa?
🙂
Soave Otto di Graziano Prà e rana pescatrice, con salsa chilli.
Tocco finale: cheesecake alla vaniglia, fragole e liquirizia che ci ha fatto letteralmente leccare il piatto e A., che ormai era entrato nei favori dello chef, addirittura ha ricevuto come premio la crema direttamente sparata dalla sac à poche in bocca. Hashtag : #tantaroba
Per non parlare della base di questa cheesecake: i biscotti più burrosi e buoni del mondo universo. LA liquirizia ha offerto la poesia finale a questo divin boccone.
Ringrazio quella santa donna della mia mamma: ha messo a disposizione tutti i servizi di piatti che appartengono alla mia dote senza quasi batter ciglio, ha apparecchiato come quando mi faceva le torte a forma di rana per il mio compleanno e non ha battuto ciglio quando ha saputo che la casa era invasa, o come le piace dire e esagerare: okkupata.
🙂