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Legal For Dummies: la dura legge della savana in ufficio. | A Gipsy in the Kitchen

Legal For Dummies: la dura legge della savana in ufficio.

*A Cura di Avv. Federica Brondoni

Il Mobbing

Forse non tutti sanno che il termine “mobbing” (dall’inglese to mob: accalcarsi intorno a qualcuno, e – molto prima ancora – dal latino mobile vulgus, una sorta di antenati dei black block) non è stato coniato da un eminente giurista con la parrucca bianca a bigodini, bensì dal famoso etologo austriaco Konrad Lorentz (sì, quello che nuotava con le paperelle!) per definire quegli atteggiamenti animali perpetrati nei confronti dell’anello debole del branco, al fine di allontanarlo. Ed è così – accerchiato dal branco – che spesso finisce per sentirsi chi subisce mobbing sul lavoro.

Oggetto di studio negli USA fin dagli anni ‘60 (da noi la prima sentenza è solo del 1999), il mobbing può essere orizzontale (cioè messo in atto da uno o più colleghi nei confronti di un altro collega) o verticale (conosciuto anche come bossing, se  attuato da un superiore verso un sottoposto, o come low mobbing se sono i dipendenti a mettere in discussione figure chiave della direzione aziendale).

Non tutte le molestie subite sul posto di lavoro configurano “mobbing”, per avere il quale occorre che ricorrano: a) una molteplicità di comportamenti a carattere persecutorio, posti in essere in modo sistematico e prolungato (almeno 6 mesi) contro il dipendente, secondo un apposito disegno vessatorio (da dimostrare); b) un conseguente danno alla salute psicofisica del dipendente (vere e proprie patologie, a partire dalla depressione fino alle forme “gravi” come infarti o neoplasie e, in casi estremi, al suicidio); c) il danno subito dal dipendente deve essere conseguenza diretta della condotta molesta.

Per intenderci: la semplice maleducazione della collega si toglie le scarpe d’estate sotto alla scrivania accanto alla vostra non è mobbing (casomai, è inquinamento ambientale), e nemmeno le isolate avances del capo provolone, che però potrebbero configurare il reato di molestie sessuali. Inutile dire che in generale il mobbing colpisce percentualmente più le donne rispetto agli uomini, ed è più diffuso al Nord.

In cosa possono consistere i comportamenti persecutori? C’è solo l’imbarazzo della scelta: svuotamento delle mansioni (la c.d. “sindrome della scrivania vuota”), calunnie o offese personali, minacce, critiche immotivate, attribuzione di compiti esorbitanti o dequalificanti (le fotocopie, fare il “caffè, the, meeee”), esclusione dalle iniziative formative, esercizio esasperato delle forme di controllo, ripetuti richiami disciplinari non giustificati, telefonate anonime, essere trattati come se non si fosse lì, fornire di proposito informazioni sbagliate per indurre in errore, eccetera eccetera.

Da tenere conto che scopo ultimo del mobber è portare la vittima (proprio come nel caso del branco) ad allontanarsi, e quindi a dare le dimissioni. Non a caso, la pratica del mobbing è spesso usata dalle aziende per aggirare la normativa a protezione dai licenziamenti illegittimi.

Andiamo al sodo: cosa fare se vi sentite vittima di mobbing? E’ utile tenere un diario delle condotte che vi possono apparire moleste, mettere per iscritto le richieste di istruzioni per le mansioni da svolgere, segnalare la situazione ai superiori (il datore di lavoro, infatti, è tenuto per legge a garantire l’integrità dello stato di salute psicofisica del lavoratore, vigilando sull’ambiente di lavoro), farsi rilasciare dal medico curante certificati medici relativi alle conseguenze sul vostro stato di salute, verificare se i colleghi sarebbero disposti a testimoniare in vostro favore (aspetto processuale fondamentale).

Se proprio non ce la fate più, niente panico e niente dimissioni: fareste il gioco di chi vi vuole fuori dall’azienda. Piuttosto, meglio prendersi una pausa ricorrendo al periodo di malattia: vi servirà a tornare sereni e ad affrontare la situazione con lucidità. E – fondamentale – rivolgetevi ad un avvocato, che vi saprà dire se davvero si tratta di mobbing e come tutelarvi nel concreto.

 

 

 

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