Categoria |
STORIE DI VINI | Home

La bellezza del vino
Di Gloria Ines Colombo*
E’ mattino presto ai Bagni Vittoria di Varazze. Ho fatto il bagno in un mare blu cobalto e cerco di asciugarmi sotto un sole ancora tiepido mentre sfoglio i miei giornali.
Il bagnino che ha appena finito di rastrellare la sabbia, entra in mare fino alle ginocchia, si gira verso le file ordinate di ombrelloni bianchi e annuncia che il mare sta cambiando. E’ freddo, l’estate sta per finire. Torno alle pagine di Focus. Che ho un debole per la scienza vi ho già raccontato.
C’è un articolo su una start up che sta ricreando il vino in laboratorio.
85% acqua
13% etanolo
2% altri composti. Tannini per dare colore e la sensazione astringente, glicerina vegetale e zuccheri per ottenere la giusta struttura e vischiosità al palato e sostanze che danno l’aroma (limonene per gli agrumi, etilesanoato per l’ananas e acetoino per evocare i sentori del burro)
Quindi una roba senza l’uva…e mi chiedo se si potrà mai chiamare vino.
Anche se l’idea di portare sugli scaffali del supermercato uno Château Margaux e potermelo finalmente comprare in fondo non mi dispiace.
Sono passate settimane da quell’ultimo giorno d’estate e quasi non pensavo più all’articolo di Focus. Verso nei calici sottili di cristallo Riedel l’SP68 bianco di Arianna Occhipinti. In forno la pizza al pomodoro è quasi pronta… non me ne vogliano tutti quelli che si ribellano all’idea di associare il vino alla pizza. Ho gusti molto personali in fatto di abbinamenti 🙂
Non so se in un futuro più o meno lontano la chimica potrà ingannarci, ma so che questa sera tutti i miei sensi si risvegliano per un vino che un’anima, un tempo, un luogo.
Per Arianna, giovanissima viticoltrice siciliana, fare il vino è innanzitutto una questione di gesti.
Accettare la terra con le sue asperità, come un dono. Senza dominarla, senza piegarla.
Senza appropriarsene, perché tutto ciò che abbiamo è solo in prestito.
C’è qualcosa nei suoi vini che sfugge alle leggi dei legami molecolari. E’ nel vento che soffia dai monti Iblei sui vigneti di Fossa di lupo e sulla strada provinciale 68, l’antica via romana del vino. E’ nei muretti a secco che abbracciano i boschi di quercia. E’ nelle cave e nei canyon che spezzano il paesaggio come lame di luce bianca. E’ negli strati di una terra che custodisce catacombe e necropoli. E’ nella bellezza decadente e sensuale del barocco siciliano.
Moscato di Alessandria 60% Albanello 40%
Biologico, non filtrato.
15 giorni di macerazione e fermentazione spontanea sulle bucce.
6 mesi in vasche di cemento, 1 mese di affinamento in bottiglia.
29000 bottiglie prodotte all’anno.
Secco, aromatico, fresco e minerale.
Giallo paglierino opaco nel calice, al naso spicca la buccia dell’arancia, il timo che cresce selvatico e fili di miele. Al palato esplode fresco, sorretto da una elegante acidità che scivola in un finale che mi riporta alle granite di mandorle di Ragusa Ibla.
Sforno la pizza condita con la passata di pomodoro della Masseria Dauna, aggiungo ricotta fresca, melanzane grigliate e fiocchi di sale affumicato di Maldon. Il vapore della pizza fumante incontra il cristallo ghiacciato in un istante di assoluta perfezione. Solo l’istinto, le coincidenze e le onde del mare mi hanno portato a questo vino, a questa sera.
images via Pinterest