
Doah, Qatar
Partire. Perché ogni tanto ci vuole. Perché la routine pesa e un inverno lungo come quello appena passato grava sulle ossa e nell’anima: ha portato crescita, forse, ma anche neve nel cuore e ci vuole un po’ di caldo per far ripartire i battiti al loro ritmo.
Aria. Aria nuova: profumi, suggestioni e nuovi colori per riempire gli occhi di una nuova luce e la mente di nuovi ricordi.
A volte la routine – anche se è la routine più bella che si possa desiderare – pesa. Pesa perché la stanchezza di lottare per proteggere chi amiamo e cosa amiamo a volte sembra impari: ti ritrovi davvero contro forze oscure in agguato, malumori che non ti appartengono, tristezze antiche che invece ti si sono incollati e i soliti furbi del quartiere che scalpitano con disonestà per farti sgarbi e lanciarti tiri mancini.
Per quanto mi riguarda lotto anche contro i miei lati bui, le mie zone d’ombra che si sfracellano in lacrime senza fine e mi sento in dovere di proteggere chi amo da questi sbalzi di temperamento: soprattutto da quando Aria è volata via, il cielo certe mattine pesa di più. Alzarsi, ricordarsi l’Eutirox, gli integratori, fuori subito con la mia piccina Brie, colazione, ricette, email. Uno stacco, un aereo, un oceano di mezzo tra noi e i problemi, è quello che serve per ossigenare i polmoni.
Quando siamo stati invitati dal Qatar per seguire il Qatar Food Film Festival abbiamo accettato volentieri, proprio per i motivi di cui sopra: aggiungiamoci anche la nostra passione per il cibo e per i food festival, non potevamo farci sfuggire l’occasione. Inoltre, in Qatar non eravamo mai stati per cui l’occasione era ghiotta – ammetto anche che lasciare una piovosa Milano per un 30° di mare e sabbia e buon cibo, beh…
Il viaggio parte bene: riceviamo l’upgrade con Qatar e ci godiamo 6 ore di business: champagne a go-go, un pasto che dire buono è poco, gelato ad alta quota mentre mi perdo in film bellissimi che non ho mai il tempo di guardare. Una vacanza nella vacanza.
Una volta arrivati, usciti dall’aeroporto ci lasciamo avvolgere dal caldo della notte Qatari e riposiamo le membra nella nostra meravigliosa stanza dell’hotel Sharq Village. Ci svegliamo con calma e il nostro itinerario parte dal MIA, ovvero il Museo delle arti islamiche.
Insciallah. Sherazade, racconti di fiabe e poesie che questa cultura culla nei suoi meandri, mi hanno sempre affascinata. Amo queste donne così belle avvolte in veli neri con occhi che parlano e le Tribute di YSL che spuntano.
Il tour gastronomico inizia proprio da qui perché all’ultimo piano di questa opera architettonica firmata da Im Pei e situata sulla Corniche c’è il ristorante di Alain Ducasse. Mangiamo discretamente – ammetto di aver avuto altissime aspettative nei confronti di Monsieur che forse a causa della sua mancanza in cucina, non sono state del tutto soddisfatte – ma soprattutto sorseggiamo cocktail deliziosi (in Qatar, secondo il Corano, è vietato il consumo di alcolici).
Usciamo in una Doha assolata e ci dirigiamo verso il Qatar Food Festival dove veniamo accolti da uno showcooking strepitoso dello Chef Morimoto e da Lemon Mint che per quanto mi riguarda avrei subito dichiarato il patrimonio dell’Umanità. Passiamo una serata con un vento estivo pieno di profumo di spezie tra risate, vociare e allegria, mangiando street food delizioso ma soprattutto godendo felicemente della splendida organizzazione di questo festival.
Il giorno successivo viene dedicato a visite in Moschea, e a qualche ora di relax in piscina. La sera invece visitiamo il Souq Waqif e anche qui una sorpresa: molto pulito, in ordine, e il motivo è che il Sultano stesso si prende cura della sua gestione. Mangiamo in un ristorante indiano meraviglioso – da fare invidia alle migliori puntate di Sex&The City e a Sarah Jessica Parker – vi ricordate l’indiano super kitsch in quelle puntate un po’ romantiche dove Carrie usciva a cena con mister Big? Ecco: questo indiano era così pieno di strass, specchi, luccichii e brillanti che mi sono sentita subito come se indossassi un Valentino con tanto di Manolo Blahnik ai piedi, anche se in realtà ero un po’ sudata dopo una giornata passata a esplorare la stupenda Doha. Il cibo era ottimo ed era esattamente ciò di cui avevamo bisogno per concludere una giornata così magica e speciale.
L’ultimo giorno lo abbiamo dedicato ad altre scoperte: The Pearl- porzione europea dove si trovano caffè deliziosi che servono un tè speciale a base di latte, zafferano e cardamomo, e il Katara Village: Katara è il nome di un quartiere dedicato alle attività culturali e ricreative, situato lungo la costa, a nord ovest di Doha. Moderna interpretazione del ricco patrimonio culturale arabo, Katara rappresenta il luogo ideale per vivere una giornata all’insegna di relax, cultura e intrattenimento per tutta la famiglia. Nei suoi teatri, gallerie e spazi appositamente concepiti per i grandi eventi, è ospitato un fitto programma annuale di concerti, mostre e spettacoli. Tra le varie attrazioni il maestoso anfiteatro, la Moschea dorata, le opere d’arte pubblica a firma di Lorenzo Quinn e Subodh Gutpa. Katara si affaccia su una spiaggia pubblica e propone un’eccellente offerta gastronomica con vari ristoranti gourmet dove assaggiare specialità locali e diverse cucine etniche.
Il giorno dopo ci aspetta il rientro: 4 giorni di ottimo cibo, una valigia piena di spezie – non potete non comprare lo Zatar, tipica miscela del posto, assomiglia all’origano ma credetemi…è magica – una scatola di baklava appena sfornata e chiaramente un cammello di peluche per la nostra piccola Brie. Mi porto dietro una nuova positività, mi sono rimaste incollate le strade assolate, le colline verdi dove abbiamo mangiato seduti per terra guardando il cielo. Il profumo di cardamomo persistente nell’aria, le bevute senza fine di Lemon Mint, la misticità del Souq e il sorriso accogliente di chi ci ha aperto il suo paese.