
Margherita
Oggi in GipsyLand ospitiamo una persona speciale che ha deciso di raccontarci la sua storia di coraggio e speranza. Maria Magri ci parla del suo cuore e di come con coraggio – nonostante i lutti più profondi – bisogna continuare a vivere.
Per me è un esempio di delicatezza e forza. Leggete con attenzione le sue parole.
Margherita
Di Maria Magri
Sono diventata mamma di Margherita il 30 aprile del 2015, sono entrata in sala parto e dopo circa 2 ore il medico annuncia alle ostetriche: è nata!
Ore 12.26: in quell’istante anche io sono nata per la seconda volta, insieme a lei. Dopo pochissimo sento la sua voce: ho passato nove mesi immaginandola, pensando a come sarebbe stato sentirla e annusarla, baciarla e vederla: l’ho sentita piangere e ho ascoltato piangendo la voce della mia bambina.
Me l’hanno portata e non vedevo l’ora di vederla: aveva i capelli scuri le manine così piccole e perfette, gli occhi…i suoi occhi erano speciali. Se ripenso a quel momento provo il terrore di poterlo dimenticare, insieme alla sua voce, al suo viso, al suo profumo.
Margherita è nata sana, buona e bella. Abbiamo passato insieme 40 giorni intensi, non ci siamo mai separate e per tutti i 40 giorni che c’è stata io l’ho contemplata, guardata con il fiato che si mozzava.
Così piccola, così perfetta, sembrava una nocciolina, ed è stato questo il suo soprannome, perché quando il medico l’ha fatta nascere e io ero sdraiata in sala operatoria e non potevo vederla, l’anestesista ha esclamato: “Ma è bellissima! È così piccola e perfetta! Sembra una nocciolina!”
La mia nocciolina.
Per quanto mi riguarda non posso certo dire che un figlio stanca, anzi, ho – credo giustamente – una forma di intolleranza verso chi si lamenta delle notti in bianco: siete molto fortunate, credetemi.
Il quarantesimo giorno eravamo io e lei a casa mia, sul mio letto, per il riposino dopo la pappa. Ad un certo punto mi sveglio e lei dorme, come sempre, penso, la giro per svegliarla ma Margherita stava perdendo sangue dal naso, era cerulea. L’ho presa in braccio, ho chiamato urlando l’ambulanza, sono scesa sotto casa per aspettare i soccorsi: me l’hanno presa dalle braccia, ho visto mentre le facevano il massaggio cardiaco, la corsa in ospedale, i tentativi di rianimazione.
Margherita è morta il 9 giugno alle 4.30 di pomeriggio e credetemi, il momento in cui il suo cuore ha smesso di battere, io l’ho sentito.
Ho sentito uno strappo, un dolore, e già sapevo: sono andata incontro ai medici, li ho guardati: “è morta, vero?”
Annuivano.
Per sapere il perché della sua morte ho dovuto aspettare l’esito dell’Autopsia ma i medici mi avevano già parlato, in obitorio: Morte in culla, e precisamente, come confermato dall’autopsia, un arresto cardiocircolatorio, la Sids.
Quello che è successo nelle ore successive lo ricordo a tratti. Quello che non posso dimenticare è il dolore, quel senso di vuoto: guardando l’orizzonte il mio dolore era molto più vasto.
Dopo 12 giorni dalla sua morte son rimasta sola, per un anno non ho capito niente, come se vivessi altrove. Ho perso tutto in un istante. Per capire che non è stato esattamente così ho dovuto passarne altre, capire.
Come si può accettare?
Non si può.
Io mia figlia la vado a trovare al cimitero ogni giorno, le porto i giochini, sono una mamma che non si è mai sentita chiamare mamma, adesso penso a lei e a come sarebbe, cosa le sarebbe piaciuto fare, cosa no, e vivo nel terrore di dimenticare la sua voce e il suo profumo, i suoi occhi. Il grande privilegio di sentire la sua pelle morbida ogni volta che la baciavo. Di lei mi restano 1006 foto, il suo ciuccio e il braccialettino che le avevo messo con la sua iniziale appena uscite dall’ospedale.
Non esiste rassegnazione.
Dopo un anno dalla sua morte ho deciso di intraprendere la strada della fecondazione assistita da mamma single, di uomini in parte non ne volevo, sentivo che avrei potuto farcela da sola, come sola ero rimasta e nonostante tutto ho lottato con ogni forza, anche quella che pensavo di non avere.
Sono andata a Barcellona con tutta la speranza che avevo, non ho mai pensato che avere un altro figlio potesse sostituire Margherita, non ho dato retta a chi mi diceva di aspettare, aspettare cosa?
Il desiderio di essere madre è anche un diritto e avrei fatto di tutto perché so quello che voglio dalla vita.
Mi dicevano: Vai! Stai tranquilla!
Non ho mai creduto allo “stai tranquilla”, ma come? Quale donna che intraprende questo percorso va tranquilla, a cuor leggero? Lì riponi tutte le tue speranze, il tuo passato, il tuo futuro.
Dopo 4 tentativi non andati a buon fine, sfinita, ho capito che dovevo fermarmi perché non stavo bene.
Le persone che mi son sempre state vicine se ne sono andate e io le ringrazio, mi avete alleggerita di un bel peso.
Grazie a chi invece è arrivato quando c’erano solo macerie. Grazie a chi non ha fatto appelli alla forza, se mi avessero conosciuta davvero, quella forza l’avrebbero vista insieme alla mia disperazione a cui avevo diritto. Però a chi fa piacere stare accanto a una persona che soffre? Quindi, diciamole che bisogna reagire così è tutto più facile – per loro, chiaramente.
Grazie a mia figlia per il grande dono di avermi resa madre di un’anima immensa come la sua: è più quello che mi hai lasciato che quello che ti sei portata via.
Grazie perché, prima di te io vivevo una vita a occhi chiusi.
Grazie per avermi regalato l’emozione più bella, dei giorni indimenticabili, grazie per l’Amore.
La tua morte, così come la tua vita, sono stati gli insegnamenti più grandi.
Insieme a te se ne sono andate superficialità e pochezza, hai lasciato un grande pieno, Margherita.
A tutte voi donne che leggerete e che avete passato quello che ho passato io.
A tutte voi che non avete passato nulla di tutto questo ma soffrite: ne avete diritto.
A tutte voi donne che lottate ogni giorno, ricordate: questa vita ha un grosso, enorme debito con voi. Il riscatto arriva, ma non quando lo decidiamo noi. A volte dietro a una perdita enorme, una morte che non si può elaborare, si nasconde il senso di tutta la vita.
Io l’ho capito grazie a mia figlia.
Il grande onore di essere la TUA mamma.
Ti porto con me ogni giorno, istante e secondo della mia vita è così farò, fino alla fine del tempo.
Infinite
Volte
Grazie mia piccola guerriera.
A volte, nella vita, dobbiamo camminare a testa alta non solo per noi stesse ma anche per i nostri figli. Quelli che ci sono e stanno bene, quelli che non son mai nati, quelli che sono morti.
Io custodisco tutto con immenso amore.