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Ci son due coccodrilli…

dalla nostra redazione: Federica Brondoni, avvocato in Milano, https://avvfedericabrondoni.com/

Non so se vi è mai capitato di leggere, nelle pagine della cronaca di qualche quotidiano, di pitoni trovati nelle cantine di palazzi in città, evidentemente evasi da qualche appartamento. A me sì, e ho sempre pensato: “Ma chi è che si tiene un pitone o un anaconda in casa?”. Trattandosi di animali potenzialmente pericolosi, soprattutto nei confronti di bambini e altri animali domestici che per dimensioni ben possono rappresentare prede per questi animali, è consentito tenerli in appartamento?

Prima di dare una risposta, appare opportuno premettere che è opinione della sottoscritta che gli animali esotici, selvatici o comunque da non considerare “domestici” (e quindi diversi da cane e gatto), debbano essere lasciati nel loro ambiente naturale, a cui appartengono. Non è affatto giusto catturare un animale, strapparlo al proprio habitat (in certi casi assolutamente diverso da nostro, si pensi alla giungla o alla savana) provocandogli sofferenza, e poi rinchiuderlo in una gabbia o in un terrario per soddisfare un bisogno umano egoista e narcisista.

Eppure il mercato degli animali non domestici è più che mai fiorente: non solo serpenti, ma anche iguana, camaleonti, tartarughe, furetti, cincillà, pappagalli e uccelli in genere, scimmie, a volte perfino felini selvaggi (come il caracal). Esemplari che nella maggior parte dei casi non possono essere considerati “da compagnia”, in quanto nemmeno addomesticabili, e che raramente possono essere lasciati liberi in appartamento: situazione ben lontana dalla naturale libertà di un animale, e motivo per cui la condanna a stare in una gabbia o in una teca sottodimensionate è pressoché certa. Inoltre, la delusione delle aspettative dell’umano con pretese da domatore (“strano, il serpente non mi fa le fusa”, “ma guarda, non riesco a portare il giaguaro al guinzaglio ai giardinetti”, “ops, la scimmia mi ha staccato un dito a morsi mentre cercavo di infilarle una felpa col cappuccio per fare un selfie”), determina un sacco di abbandoni.

In Italia, a tutt’oggi, non esiste un elenco ufficiale degli animali che a livello condominiale siano da considerare a tutti gli effetti “domestici”. Il codice civile, all’art. 1138, ultimo comma, dispone che «le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici», senza premurarsi di specificare quali essi siano. Tale ambiguità lessicale – manco a dirlo – ha dato origine ad un gran numero di liti condominiali. Tanto più che il concetto di “animale da compagnia”, per anni preso in considerazione dalla giurisprudenza, lascia spazio alle interpretazioni più varie e alimenta un commercio che, oltre a essere assolutamente illegale, è contrario a qualsiasi forma di amore nei confronti della fauna (molti animali, viaggiando clandestinamente in condizioni critiche, muoiono durante il trasporto, che in ogni caso rappresenta un’esperienza estremamente traumatizzante). Comunque, è vietato detenere animali che possano rappresentare un pericolo per l’incolumità delle persone.

Oltre al rispetto della buona pace condominiale, il possesso di un animale comporta anche una responsabilità verso terzi. L’art. 2052 del codice civile, infatti, prevede che il proprietario di un animale, o chi se ne serve (e cioè anche chi ne ha la custodia), è responsabile dei danni provocati dall’animale stesso, salvo che provi il caso fortuito. Si tratta di una ipotesi di responsabilità oggettiva da cui è difficile liberarsi e che riguarda anche gli animali da lavoro e da produzione.

Il mio consiglio, nel caso in cui si volesse godere della compagnia di un animale diverso da cane e gatto, è di fare un bell’abbonamento al National Geographic, e vedere come tutti gli animali stiano bene a vivere indisturbati nel proprio habitat specifico. E se proprio non resistete, prima di mettervi nei guai, meglio chiedere chiarimenti all’Amministratore del Condominio e consultare il regolamento condominiale.

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