
Il presente scoperto
Dalla nostra redazione: Silvia Grasso (@_gropiushouse_)
All’alba di un nuovo anno, è sempre tempo di bilanci e nuovi progetti. Nella mia famiglia tra le varie tradizioni che scandiscono i momenti nella sera del 31 Dicembre, ce n’è una che amo in particolare (forse l’unica): aprire le finestre di tutta la casa allo scoccare della mezzanotte! Non importa quanto freddo ci sia fuori, l’aria fredda del nuovo anno deve diffondersi in casa e, con essa, la speranza di rinnovamento e rinascita. Il passaggio non è mai così netto e tra le sfumature della metafora, nel passaggio tra il vecchio e il nuovo, vi è una grande parentesi troppo spesso sacrificata dalla chiusura dei vecchi bilanci e i desideri di cambiamento. Questa parentesi è il presente! E se dobbiamo dirla tutta, il nostro, è tutt’altro che un bel presente.
E allora, prima di progettare, sognare e proiettarci verso il futuro è necessario osservarla di più questa parentesi malconcia. Farlo, significa mettere in discussione noi e ciò che ci circonda e che ormai accettiamo di buon grado senza porci troppe domande.
E, probabilmente, è questa la questione: ci siamo trasformati in una società anestetizzata, incapace di formulare un qualsiasi pensiero critico, incapace di elaborare informazioni, di reagire al torpore di questi tempi tristi, di pensare. Quando è successo? Perché è successo?
Prima al liceo e poi all’università, mi è capitato spesso di incontrare una frase che suona pressappoco così: “chi scrive male, pensa male”, e con qualche forzatura interpretativa, oggi, penso che chi parla male (inteso come: chi ha un lessico ristretto) pensa male. Questo perché (e chi scrive lo sa bene) la cura e la ricerca attenta del linguaggio costringe a esercitare il pensiero logico. Eppure: pensate per un momento agli scambi che avvengono di continuo sulle piattaforme social. Pensate alle loro dinamiche e modalità, agli effetti che ne derivano: sono ormai occasioni quotidiane per manifestare i propri rancori, le proprie inquietudini e la propria rabbia e riversarli, gratuitamente, sull’altro. Il pensiero assente e la mancata considerazione dell’altro influenzano le parole scritte (o dette), taglienti e violente, e le parole stesse impoveriscono il pensiero inconsapevole e incapace di comprendere ciò che viene detto. È uno scambio ciclico e continuo che non vede evoluzione alcuna se non quella della incompetenza e inconsapevolezza che vengono promesse a qualità di merito.
Ma l’incompetenza come l’ignoranza, oggi, potrebbero diventare una colpa. Scientificamente, viene definito Effetto Dunning-Kruger la distorsione cognitiva che rende un individuo incapace di riconoscere la propria incompetenza in un determinato campo autoconvincendosi, al contrario, di esserne esperto. In un bellissimo articolo apparso su Internazionale di Anna Maria Testa leggiamo che l’effetto Dunning Kruger deriva da processi mentali frettolosi basati su pregiudizi, fraintendimenti o dati inadeguati. Proprio il piano sociale, culturale, politico, in cui ci ritroviamo oggi: frettoloso e superficiale, pregiudizievole ed inadeguato.
La presa di coscienza della società in cui ci troviamo deve necessariamente passare dalla consapevolezza che le opinioni individuali sono solo opinioni, per natura parziali e soggettive, e che per essere argomentate e legittimate hanno bisogno di uno sforzo che prevede approfondimento, studio e oggettivazione. La presa di coscienza deve passare anche dalla comprensione che le parole hanno peso, responsabilità, conseguenze. E anche se si è completamente immersi in un gioco delle parti in cui conta solo manifestare la propria forza e le proprie ragioni, la guerra tra le fazioni (sociali e politiche) oggi è sempre una guerra tra poveri che, a prescindere dai risultati e dalle ragioni, ne escono e usciranno sconfitti.
Infine: prendere coscienza del nostro presente significa prendersene cura con le nostre singole, maturate e costruite competenze . E non importa quello che vi diranno e, più o meno implicitamente, tenteranno di farvi credere: il presente è nostro, collettivo, pubblico e in quanto tale deve essere inteso e coltivato con coscienza e sapere. Quella stessa coscienza che (invece di vietarle) distribuirà calde coperte per poterci coprire e preparare all’aria fredda del tempo che